Ci sono dei momenti difficili da descrivere, ma belli da raccontare. San Siro, tempio del calcio, profanato per un giorno. Cielo nero, quasi come le maglie degli avversari, me neanche un goccio d’acqua. Appuntamento con la storia. I ragazzi di Mallett sfidano i mostri sacri. Per colmare una voragine scolpita nella notte dei tempi, nel DNA dei popoli. 50 metri d’altezza. Fianco a fianco con gli amici di sempre. Ottantamila voci cantano insieme. Poi un irreale silenzio carico di rispetto. Salgono dall’erba umida le urla tribali di 22 uomini tutti neri. Sono nitide. Come nitido è il suono dell’avambraccio di un avanti colpito da un calcio di un terza linea.
Lo scontro è iniziato. Indietro per andare avanti. Teste contro teste. Fasciate e sfasciate. I mostri avanzano, scappano, impongono la legge del più forte. I ragazzi si difendono, sudano, sbuffano, tengono. Poi contrattaccano, chiudono i mostri in gabbia. Le teste cozzano, le ginocchia si piegano, le mischie crollano. Forza bruta, cuore, cervello per avanzare di un metro. Poi il fischio dell’arbitro chiude la lotta. La voragine è diventata un buco. Tutti felici. Vincono i mostri e pure i ragazzi. Tutti a casa o a bere una birra. In valigia le emozioni di uno sport “altro”. Incomprensibili ma affascinanti per i profani, sacre e uniche per gli adepti. Rugby, man…